Anche la Biennale architettura in corso conferma che nel settore della progettazione si è saldamente impiantata,come ricetta più azzeccata, lo zibaldone. Leggerissimi frullati, aerei spumoni e colorati frappé sono il toccasana con cui rispondere non solo alle ricorrenti pesanti crisi economiche e politiche, ma anche a quella sorta di sazietà degli operatori e utenti stessi del settore: i quali nello sfogliare le riviste di architettura, sono colti da un senso di tedioso déjà vu. Lo stesso sentimento che ci coglie quando, inseguendo le realizzazioni più moderne sparse per il mondo, ritroviamo sovente il medesimo edificio già visto al capo opposto del globo. In ogni luogo del pianeta ci si sente a casa: come ci hanno insegnato prima Mc Luhan e poi Mc Donald. La globalizzazione linguistica, la antropofagica appropriazione di ogni tendenza figurativa, la replicante riproposizione delle novità anche nelle più remote periferie, hanno finito per generare un sovrano sentimento di noia verso il nuovo in architettura, ancor prima che questo appaia. Le estasi postmoderne sono ormai appannaggio esclusivo dei promotori immobiliari di basso profilo, i furori decostruttivisti trovano il loro maggior seguito fra gli arredatori...dall'editoriale di Franco Panzini.